mercoledì 19 ottobre 2011

Sciopero della fame per salvare le api

Marisa Valente e Renato Bologna sono allo stremo.

Avevano iniziato lo sciopero della fame il 4 luglio 2011, esattamente 3 mesi fa, restando con un camper sotto l’Assessorato all’Agricoltura, in Corso Stati Uniti, 21. Ieri l’altro, Renato è stato ricoverato d’urgenza in ospedale e le sue condizioni fisiche non gli permettono di andare avanti con il digiuno, se non a grave rischio per la sua sopravvivenza.
Marisa e Renato, del comitato Basta Veleni, rischiano di morire nell’indifferenza generale della politica, di una parte delle Associazioni dei coltivatori, dei consumatori, dei cittadini torinesi e piemontesi. Da anni lottano per il nostro futuro, per la salute di tutti, chiedendo la messa al bando di tutte le sostanze contenenti gli insetticidi neonicotinoidi.

L’utilizzo dei pesticidi e dei diserbanti in agricoltura è un’aberrazione quando si supera il fragile equilibrio tra benefici (cioè aumento della resa agricola a cosidetta “rivoluzione verde” e difesa dall’attacco degli insetti e delle fitopatologie) e costi, (consistenti nella loro spiccata nocività e tossicità per la salute animale e umana). Oggigiorno siamo ben oltre quell’equilibrio, ne è prova la sempre maggior desertificazione planetaria di cui esempio paradigmatico è la pianura padana, e la s empre maggior resistenza dei fitopatogeni ai pesticidi, per cui si stanno studiando nuovi sementi ogm, ovviamente sotto lucroso brevetto delle multinazionali.

Nello specifico della storia che stiamo raccontando, di cui avevamo già parlato: i famigerati “neonicotinoidi”, essendo sostanze sistemiche che agiscono su tutta la pianta, attaccano l’apparato neurovegetativo di tutti gli insetti con cui vengono in contatto, tra cui anche insetti utili come le api, portando alle morie di cui si sente parlare sempre più frequentemente.

Il loro utilizzo indiscriminato ha portato alla sparizione delle api in intere provincie cinesi, come nello Xi Cuan, dove la vastissima coltura delle pere viene mantenuta tramite l’impollinazione artificiale manuale da parte dei contadini, come potete vedere nel video.

Residui di sostanze neonicotinoidi, già riscontrate nei prodotti ad utilizzo farmaceutico come le larve e la pappa reale, sono state trovate anche nel miele e negli ortaggi e nella frutta trattata, il che significa che incidono sull’alimentazione e quindi sulla salute umana con effetti ancora da appurarsi. I prodotti autorizzati alla vendita contenenti neonicotinoidi sono una cinquantina, ma i più utilizzati, soprattutto nelle coltivazioni del mais e del girasole, sono quattro: clotianidina, imidaclopride, fipronil e thiametoxam. I due più utilizzati sono del colosso della Bayer, già sotto accusa in Germania.

Il Comitato “Basta Veleni” chiede che vengano messi al bando tali insetticidi non solo nella concia del mais, il cui divieto, rinnovato periodicamente, scadrà il 31 ottobre 2011, ma anche nell’utilizzo, molto diffuso in Piemonte, contro la flavescenza dorata della vite. E’ possibile farne a meno senza compromettere le colture secondo il parere dei tecnici che ci hanno relazionato in Commissione congiunta Ambiente-Sanità-Agricoltura, utilizzando sostanze naturale come ad esempio il “piretro”.



Per questo è di vitale importanza che non si parli solo di filiera corta (cioè pochi passaggi dal produttore al consumatore), di chilometri zero (cioè di prodotti nel raggio di qualche decina di chilometri), ma prima di tutto di coltivazioni naturali (cioè col minimo ricorso a sostanze di sintesi), non intensive, ed eventualmente con certificazione biologica, che può essere una garanzia in più anche se il modello di certificazione andrebbe forse rivisto.

Dopo il silenzio imbarazzante dell’Assessorato all’Agricoltura, la politica regionale crediamo debba prendersi carico di questa problematica da cui nessuno è immune, anche se comprendiamo che purtroppo è più “comodo” e forse “redditizio” ascoltare la campana delle multinazionali che detengono il mercato mondiale della chimica di sintesi come Bayer e Syngenta, entrambe finite sotto indagine da parte del Procuratore Guariniello, che ha contestato loro il reato di “Diffusione di malattie degli animali (o delle piante) pericolose per il patrimonio zootecnico e per l’economia nazionale”, punibile con una pena da 1 a 5 anni.

Da domani per continuare la protesta nonviolenta di Marisa e Renato verrà lanciata una staffetta dello sciopero della fame giornaliero, a cui prenderanno parte anche i consiglieri regionali del moVimento 5 stelle, per provare a far interessare la giunta regionale e i media. Invitiamo tutti quelli che in tutta Italia si vorranno unire, a comunicarlo a Marisa e Renato a fattoria@atlink.it e a noi staffgruppoconsiliare@piemonte5stelle.it.



Sabato 15 invece è stata indetta la giornata internazionale della lotta ai neonicotinoidi da parte degli apicoltori francesi, per cui speriamo si organizzi, dopo il successo della manifestazione nazionale contro la caccia (in cui eravamo presenti con lo striscione “To bee or not to bee”), anche quella per la salvaguardia delle api e per un cibo sano, che si terrà a Torino.

Invitiamo sin d’ora tutte i consumatori consapevoli, gli agricoltori naturali, le persone che difendono gli animali e l’ambiente. Tramite Marisa e Renato vi terremo informati.
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martedì 4 ottobre 2011

La cucina.

Cucinare.
Una sorta di magia. Saper cucinare un pranzo completo, vuol dire saper confondere tanti elementi, alcuni dei quali da soli sarebbero addirittura immangiabili, col risultato di restituire un progetto, un' opera d'arte. Attraverso questo pranzo, la preparatrice offre un insieme alchemico di mondo vegetale, minerale, animale, il tutto arrotondato e armonizzato dall'amore suo che viene trasmesso a quello che diventerà "cibo" per la persona che lo riceverà in dono.

La quantità di amore che questa preparatrice, spesso inconsciamente, saprà "passare" agli elementi e ai cibi stessi, diverrà nutrimento sotto forza di "sostanza". Se ben accompagnato da chi lo saprà servire con cura, da un vino che sia in grado di trasmettere a chi lo beve tutta la sua stòria, le sue 365 giornate trascorse su una splendida collina, senza prodotti chimici appestanti, un pane che contenga ancora il fuoco del suo sole di luglio, della legna che si é sacrificata per cuocerlo, e un tavolo, quattro mura che stiano anche loro raccontando nella pace la loro stòria, ecco che si compie il miracolo.

Fruendo di questo cibo noi viaggiatori ci arricchiamo, si forse addirittura rubiamo pace e amore, quello che noi andiamo cercando.

Ed in questo scambio di forze sottili che intercorrono fra persone, esseri e cose, in questo ambiente così magico che é un'osteria di campagna, la preparatrice dei piatti, che tanto ha ceduto di sua forza a questo "cibo" che se ne va via via tutto dalla sue mani, come un bambino cresciuto e salutato per il mondo, riceve, attraverso i muri (che collaborano, ecco la loro funzione), attraverso i sorrisi e i grazie, la sua parte di amore gratuito che dalla sala si espande come una luce, a irradiare di riflesso tutto quanto intorno.

Così lontano per un attimo dal mondo rumoroso idiota e sterile, le risate di gioia, il buonumore silenzioso e sostanzioso, l'apprezzamento sincero che gli ospiti emanano con sincerità dal profondo del loro io, si trasformano diventando nutrimento, VERA sostanza, tale quale a quella che era uscita nei piatti.

E la alchimista dei fornelli, nel tornare a casa, stanca, con cuore gonfio dei brava e dei grazie che spesso lei non ha neppure sentito, torna a casa dalla sua figlia, dal suo uomo, sempre più ricca, sempre più grande, e sempre più capace di fare piccoli miracoli quotidiani che, chissà come mai, le riescono sempre meglio. E tutti coloro che ruotano antorno a questo "cibo", questa danza roteante di piatti, calici, vasi stoffe vetri ceramiche acqua che entrano ed escono continuamente dalla scena, animata dalla musica, tutti coloro che "con-corrono " al miracolo si arricchiscono.

Di questo cibo noi abbiamo vissuto in tutti questi anni; nessun denaro avrebbe potuto comperare pagare o vendere tutto quanto noi, in questi lunedì mattina portiamo nel nostro fardello, ben stretto.

E' un segreto che rimane fra noi e tutti gli amici che jeri sera erano qui con noi, a gioire di tutto l'amore che ci siamo dati in questo stupendo pezzo di vita.

Grazie a tutti quanti credono da sempre ai sogni.

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venerdì 30 settembre 2011

L'alimentazione

Un video molto interessante.
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mercoledì 28 settembre 2011

che cos' é l'Italia ?

A volte mi viene chiesto che cosa io pensi dell'Italia, supponendo che io non abbia mai nutrito alcun sentimento verso questa organizzazione politica. Si sbagliano, i miei figli compresi, se pensano che io non senta alcun legame con lo Stato che mi ha fornito l'istruzione primaria, e per il quale ho servito l'esercito nazionale. Un sentimento ce l'ho, ed é riassumibile in una sola frase: provo un profondo sentimento di non-appartenenza a questo non-stato. Con tutto il cuore.
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Il pianeta terra é stato creato con tutte le sue isole, penisole, montagne laghi e mari, ed é in continua evoluzione. Su questa terra ci sono vari paesi, con la p minuscola, ognuno con delle caratteristiche proprie particolari, ma tutti legati al fondo alla palla ciccia che li contiene. Cina e le Langhe sono fretelli sulla terra, anche se molto diversi fra di loro. Viaggiando si impara a conoscere questi paesi.
Alba, il Roero, Le Lanche appartengono al suolo italico: ne respirano l'aria, fresca delle montagne, secca dello scirocco che arriva dal mare, e sfiora le colline del todocch e di Murazzano, noiosa e umida del lungotanaro d'estate, fredda luminosa e pungente dei mattini di febrraio quando si va a potare nelle vigne. Questo é il suolo italico che noi ora stiamo calpestando, e questa potrebbe essere l'italicità (cioé il comune denominatore) che potrebbe legare la terra di Piemonte a poche altre vicine e simili ad essa, condividenti un simile destino.
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mercoledì 7 settembre 2011

La terra non é nostra

La terra non é nostra; la terra é un entità ben precisa, spirituale quanto lo siamo noi. Ha una storia che inizia con la nostra, e finirà insieme a noi, quando tutto rientrerà nell' Uno.
La proprietà privata: da qualche decennio ormai cerco un significato al termine "proprietà privata", sopratutto quando questa si riferisce alla parte superficiale della crosta di questa gigantesca palla viva e rotante che io chiamo sorella Terra.
I primi dubbi li ebbi quando nella foresta tropicale dovi vissi oramai tanti anni fa, e dove ho lasciato molti amici. Il Governo Centrale, tentava di Vendere ai Privati le terre dello Stato, che per loro erano Proprietà Demaniale, mentre che per la gente dei villaggi era terra sacra, al massimo di proprietà della gente del villaggio, o dei re locali.....
Poi vennero i giorni in cui partorii la prima vera massima:
Proprietà Privata della terra: "quando comperi un pezzo di terra dal notaio, vai li e firmi il tuo impegno a occuparti della terra". già una bella definizione, però non teneva conto che la società degli uomini non ha potere sulla terra, perché la società non chiede il permesso alla terra di essere venduta. tuttalpiù la vende, sì, senza averne il consenso. Vendita illecita di bene senza il consenso del bene stesso.
Successivamente giunsi a: " quando comperi un pezzo di terra, firmi il matrimonio con una parte della superficie della terra....."; anche questa non andava; mi resi conto che alla fine la terra non c'entra in questa storia!
La terra non c'entra nulla nelle nostre menata di comperare e vendere dal notaio, di faare le mappe catastali, di mettere paletti e fili di ferro; lei e li, grossa e ciccia, che gira e si fa la sua storia, evolve quanto noi, e ci guarda, microbi su un tendone da circo, che crediamo di esserne i padroni; ecco che cos'é: la terra non c'entra.
Sono giunto stassera all'ultima (per ora) definizione: intanto devo premettere che io non penso, ormai da tempo, che la terra che compreremo sia nostra...
" Quando comperi dal notaio un pezzo di terra, ti comperi un 'idea: che gli altri pensino che questo pezzo di terra sia tuo." Niente di più. La sfera cicciona rotante nel Cosmo non c'entra; é una faccenda fra uomini.


con questo spirito venerdì pomeriggio spenderemo l'ennesima cifra di denaro falso insignificante e inesistente che non abbiamo, per assicurarci che da sabato tutti pensino che questa nuova terra sia nostra. viva la campagna!

quanta follìa nei nostri gesti!
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domenica 21 agosto 2011

La grana del grano


Come che as peul capì, an costi dontré agn, l'oma dà man a travajé ansima al gran, për sërché 'd capì còs che nojautri podima fé (ant ël nòstr cit, as capiss), ansema a costa coltivassion.
Ël gran, (as dis) a l'é un-a dle prime coltivassion che l'òm a l'ha podù ancaminé, fin-a dai tèmp ëd Zaratustra, che a l'ha tacà a elaboré 'l gramon për rivé a un prim gran. Quandi che voghoma un "pero-pero" arlongh a la vìa, podima an-maginesse còs ch'a l'era 'l gran aij tèmp andré.
Pero-pero a l'é lì, longh a un fossà, a la sima dla piassa, contra na muraja andoa che tuti a van a pissé, ma al'é fòrsi la ciav dla solussion dla nutrission dl'umanità.

Sè, pròpi chièl.

DAL PERO-PERO al OGM


Ant ël secol passà, l'òm a l'ha sërcà 'd possé la coltivassion dël gran an manera d'ardobié (ò pi tant ancora) la produssion ëd quintaj për giornà; për fé sòn, a l'ha dovrà tut lòn cha a-i era a soa disposission; sicome che le modificassion OGM a-i ero ancora nen possibij a l'inissi dël Neuvsent, chèich studios dël pento a l'han dovrà ij ragg Gamma për ambalordì le smens dle granaje, an manera che prima ò dòp ua dle tante a portèisa a dj'arzultà positiv an quantità 'd produssion. 

Soma passà dai 7-8 quintaj për giornà, aij 35-50 d'adess.
 L'òm, sempre pì avid, a l'ha vorsù che 'l gran a rivèisa a fé dobi, triplo quintaj ëd lon che a l'ha fait për quatr mila agn; coste pòvre piante 'd gran, modificà për avidità da l'òm, a son ant la stessa condission dle vache bianche e nèire olandèise, che se i-i doma la larga ant la natura, a l'han nen la possibilità d'arzisté pi che mesa giornà, përché a son stà completament modificà e dëscolegà da la Creassion. Povre bes-ce, pòvre piante...



ADESS AN CAMPAGNA

Còs che podima a dovima fé anlora? 
Prima che tut dovoma pianté li ëd deje la colpa a j'american, bele che lo savoma tuti che a son lor che al'han frojà ant la genetica pi che tuti j'autri; la responsabilità a l'é ëd tuta l'umanità, soma tuti andrinta a la stessa manera.
Seconda ròba: pensoma nèn che "torné andré" a sìa la paròla magica: torné andré as peul nèn, ël temp passà a l'esist pì nèn.

Per taché, l'oma sërcà dle varietà ëd gran che a fusso nèn sta tant pastissà, e l'oma provà a piantèje, a nòstra manera, andrinta a dij camp che (fin-a lor) a fusso nèn stà pastissà.
Laorà pòch ancreus, sensa concim chimich da 10 agn, sensa diserbant, piantand dle varietà 'd gran nèn modificà, nen medicà, nen disinfetà, nen concimà....e via fòrt.

Arzultà: ël gran a ven sù, ecome che a ven!
/-8 quintaj për giornà, nèn ëd pì.
 E anlora, car amis,  sërché 'd capì da soj come ch'a l'ha fà l'umanità a vive con na produssion parèj ëd gran, e quale che a son le relassion antrames a costi fator:
avidità dl'òm, aument dla produssion dël gran, decuplicassion (ò pi tant ancora) dla produssion ëd carn an 60 agn, conseguènt aument dël consum ëd carn an 60 agn, aument dle malatìe cardiovascolar, creassion dl'obesità (malatìa inesistenta ant ël secol precedent). soma rivà , ant ël 2010, che le besc-e a mangio quasi tuta la produssion dle granaje dla pianura padan-a, e l'òm a deuv amporté 'l gran da fé 'l pan....
Dësmentioma nèn ancora: modificassion dla panificassion, che l'oma fait passé come progress, fasand mangé a l'òm mach la part bianca dla farin-a (che l'òma al'avìa mai mangià da sola prima, da quatr mila agn), pan mòl che a ven dùr e a la sèira it peule tirelo ancontra a na muraja, eliminassion dël lievit natural (pasta mare), e inclusion obligatòira d¨l lievit ëd bira, rapid, lèst, a bonpàt, che a fa na bela mica lustra e tendra....
Strutt, euli 'd palma, agenti lievitanti, regolatori di lievitazione, stabilizzatori di stabilizzazione di lievitazione di agenti lievitazionali di integrazione integrante (prové a fé un sangoiss con dontré cuciarà 'd coste ròbe sì, e deje da mangé a col che a l'ha anventaje, për voghe ëd che tinta che a ven soa faciassa quandi che a l'ha traondà costa mësciassa 'd pan e tòssich...).
A mé paìs a-i era un proverbi che a disìa: "pan mòl, l'é bon a rende"....

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Adessa l'é 'l moment dl'amson, e tiroma j'arzultà 'd costa cita campagna 2011; ëd sicur 'l progett "pero-pero" a l'é anviarà e a tornerà pà andré, gnanca d'un pass.
sercheroma 'd pianté pi tante giornà 'd costi gran nen pastissà, prima 'd tut për mangeje nojautri e nostre masnà, e condivide la strà con che che a l'avrà veuja dë sparte le fatighe con nojautri, sensa fé reclam, sensa fé spatuss, sensa pì nen brajé al mond che tut a l'é da cambié; oramai a l'é tròp tard, l'oma passà la frontiera dla cognission e dël bondeuit; l'unica a l'é d'andé anans, con la cossiènsa che lo foma për nojautri e për coj pòchi che a voran fé la strà che a monta.... ansoema a noj.


Coste a son mach dontré righe ansima al gran, an realtà; la stòira a l'é un pòch pi longa, ma la seguiteroma pì anans. L'unica ròba ch'i peuss gionté, prima 'd saré, a l'é che dòp ëd 20 agn d'arserche, i peuss dì che son rivà al canton, a la sima, a capì da andoa che ad dësluppa 'l vindol, e son tut content ëd dive che adesso lo ciaperòma, pianin pianòt, për sò vers, e che se Nosgnor am përmëttrà 'd felo, lo dësvindoleroma torna, fasanda calé la mnis e le rumente che a so ciapà antrames al le file, e torné gropè la liassa che a ten colegà l'Om, ansema a soa Origin, e soa strà d'Artorn a la Destinassion.
Ant ël mentré, mé car amis, gnun-e pao, che an riverà gnente; a basterà mach ten-e la bara dël timon drita an man, sensa molé, ma sensa afanèse, e sensa pao.
Për costa ocasion, am piasirìa lasseve costa invocassion che mé grand Amis Rudolf, Rudolf Steiner:

Preghiera për l’epoca ëd Michél.
Dovoma dësrèisé dant l'anima

la pao e la tëmma ëd lòn che l'avnì
 a peul porté a l'òm.

Podima gionté 'l bonimor
an tuti
 ij nòstri sentimènt e sensassion, rispèt a l'avnì.
Podima vardé anans bonben

sensa sagrin anvers tut lòn che a peul rivé.
E podima pensé che tut lòn che a vnirà

a sarà mandà a noi da na mira dël mond pin-a 'd sapiènsa.

Sonssì a l'é part ëd lon che podima amprende an cost'epoca:
savej vive pien 'd fiducia
 sensa gnun-e sicurësse ant l'esistènsa,

fiducia ant l'agiut sempre present dël mond spiritual.

A dila giusta, gnente a l'avrà valor se an mancherà 'l corage.

Rudolf Steiner


Salut a tuti j'amis.

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lunedì 18 luglio 2011

Roumiage de Coumboscuro

Un anno dopo, mi ritrovo a godere di un video di un bounuomo di un nostro conoscente amatore , che ha riportato nella memoria digitale elettro-immaginativa uno sprazzo di una bella serata fra amici. Commosso di quanto si possa regalare ad un povero musicant con questi moderni strumenti di ripresa, risordando quella calda serata d'estate montana, vi ringrazio tutti e semplicemente...vi amo!

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martedì 28 giugno 2011

SOLIDARIETA'

Nonostante io non abbia mai amato la parola sindacati, Nonstante gli ideali di partito , gli scudi crociati, le falci e i martelli, mi abbiano lasciato sempre così freddo e disgustato,
nonstante per molti anni io abbia pensato che un treno sia megli di un aereo o di uun'automobile che fa fumo,
eccomi a condividere questo video che segue, per una splendida e sola parola: AUTODETERMINAZIONE DEI POPOLI.
ci siamo fatti la campagna dei referendum e adesso dobbiamo dare la possibilità ai Valsusini di avere il loro REFERENDuM su sta ca..o di TAV, senza mettere il nostro becco nella faccenda.
La faccenda é loro, é nelle loro mani; gli abitatori della valle sono loro.
FASSINO; MARONI; tutti quanti, che volete dalla Valsusa?
VIVA L'AUTODETERMINAZIONE DEI POPOLI; PIEMONT AUTONOMIA.

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mercoledì 9 febbraio 2011

Il prodotto interno lordo

Durante un felicissimo soggiorno familiare in campre presso Monterosso nella spendida regione delle cinque terre, fotografai una interessante locandina ve la propongo così come l'ho trovata, con una fotografia.
saluti

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sabato 4 dicembre 2010

Gino Scarsi: finalmente ho un amico terrorista!

Ricevo e Ripubblico sul mio blog personale la riflessione dell'amico Alessandro Mortarino sul comune amico e compagno di merende Gino Scarsi.

Gino Scarsi riceve una citazione per terrorismo ecologico
Proprio così; terrorismo ecologico e una richiesta di risarcimento danni pari a 50 mila euro ... L'accusa arriva dall'azienda di Canale (provincia di Cuneo) Vigolungo SpA, rivolta a Gino Scarsi, primo firmatario della nostra campagna nazionale per lo Stop al Consumo di Territorio, ai margini di una vicenda che aveva visto l'azienda protagonista della richiesta di autorizzazione di un impianto a biomasse. Le caratteristiche dell'impianto avevano subito fatto preoccupare i cittadini di Canale (e dei comuni limitrofi) e mosso una immediata azione "dal basso" per richiedere massima trasparenza all'iter autorizzativo e assoluta attenzione alla tutela dell'ambiente e della salute. Dopo lunghi dibattiti, la specifica Conferenza dei Servizi aveva bocciato la richiesta dell'azienda. Che, evidentemente, non deve averla digerita ...
Nella citazione, Gino viene accusato di essere colpevole di una campagna contro la Vigolungo finalizzata ad un puro interesse personale; secondo l'azienda, tutte le prese di posizione assunte nella vicenda da Gino sono state dettate da "evidenti e scontati motivi politico-elettorali" e "dall'esclusiva finalità di generare un bacino di consenso attorno alla propria persona anche a costo di generare un vero terrorismo ecologico" ...
Chi conosce Gino Scarsi sorriderà dell'accusa, che accusa resta pur sempre, in base alla citazione del Tribunale di Alba.
E chi ha seguito dal nascere la vicenda dell’impianto a biomasse della Vigolungo conosce la grande partecipazione di massa che ha coinvolto i cittadini di Canale e dintorni. Ben cinquemila firme raccolte a Canale e nel Roero contro la centrale. Tanti, tantissimi. Non soltanto … Scarsi !

L'accusa è talmente generica da farci stupire. E altrettanto irrisorie ci paiono le ulteriori "prove" che la Vigolungo SpA adduce per motivare le colpevolezze di Gino Scarsi.
Ad esempio le lettere pubblicate dal giornale "La Gazzetta d'Alba", in cui Scarsi riferisce che "le emissioni in atmosfera dei due camini alti trenta metri previsti a Canale possono interessare sino a otto chilometri di territorio coinvolgendo così i Comuni di San Damiano, Castellinaldo, Castagnito, Cisterna, Vezza Montà, Santo Stefano e Monteu Roero".
Oppure che "quelle due ciminiere sono due cannoni puntati su Canale e Roero" e che "è vero che le polveri pesanti le fermano con i filtri, ma quelle leggere ? Sono le cosiddette nanoparticelle impossibili da intercettare perchè si formano dopo i filtri invisibili e leggere che si disperdono a chilometri e chilometri e che la natura non riesce a metabolizzare. Entreranno subdolamente nella catena alimentare e se respirate dai polmoni passeranno direttamente nel sangue dando vita a focolai che sovente si trasformano in forme cancerogene nei vari organi. Il 10 % della popolazione è vulnerabile all'attacco delle nanopolveri e queste faranno danni ancora ai nostri figli e nipoti perchè sono persistenti e si trasmettono anche per via fetale".

L'azienda si scaglia anche contro un'affermazione di Gino apparsa su un giornale locale: "Vigolungo ha avuto nel tempo maestranze cinesi, mai uno sciopero" ed ha potuto godere di una "tolleranza complessiva su emissioni paurose". Frasi che nella citazione vengono così commentate dall'azienda: "Scarsi ha accusato direttamente Vigolungo SpA di sfruttamento della manodopera e di produrre emissioni contrarie alle legge, godendo di una non meglio precisata tolleranza da parte delle pubbliche autorità".

Il comportamento antisindacale è stato richiamato da Scarsi anche in altra occasione pubblica, in cui, parlando dell’affidabilità dell’azienda in rapporto ai materiali da bruciare nella futura centrale, ricordava sia l’aspetto positivo rappresentato dall’azienda nei cinquant’anni trascorsi, sia quello negativo: emissioni di fumi neri mefitici e atteggiamento antisindacale (licenziamento di una Lavoratrice della Vigolungo per il solo fatto di avere “fatto la tessera Cisl”).

Il 23 Marzo è prevista la prima udienza, la nostra sensazione è che l'azienda abbia intenzione di dimostrare ai cittadini che non è bene schierarsi contro le esigenze economiche di un gruppo imprenditoriale e che chi lo fa rischia in proprio: un modo cortese che ci ricorda tanto la sventagliata di un mitra sulle folle ...

A Gino Scarsi tutto il nostro sostegno. Morale, fisico, finanziario: siamo pronti a farci sentire e a contribuire alla sua difesa.
Perché se l'azienda davvero intende far tacere le voci libere della cittadinanza attiva, il problema ci riguarda tutti.
E questa causa deve essere una questione pubblica.

La Democrazia è affare nostro, di tutti.
Che anche le aziende ne siano informate ...
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domenica 12 settembre 2010

Il digiuno

Il digiuno può salvarvi la vita
Marcello Pamio – 18 giugno 2009

Prima di spiegare cos’è il digiuno e perché è importante, è necessario comprendere cos’è la malattia.
A tal proposito e per completezza, vi invito a leggere l’articolo “La malattia: amica o nemica?” del dottor Sebastiano Magnano.
In estrema sintesi, dal punto di vista igienistico, il “sintomo” (ufficialmente chiamato “malattia”) è il tentativo ultimo della Natura, cioè dell’organismo, di eliminare tutte le tossine (alimentari, metaboliche, emozionali, ecc.) che hanno inquinato il corpo.

Il costante avvelenamento
Le tossine entrano nella circolazione sanguigna principalmente attraverso:
1) Tossiemia esogena, cioè esterna, provocata da alimenti nocivi (combinazioni errate, fermentazioni, putrefazioni intestinali) o sostanze estranee all’organismo (microbi, batteri, ecc.)
2) Tossiemia endogena, cioè interna, di origine cellulare per la ritenzione di metaboliti. In ogni momento i tessuti (cellule, ecc.) vengono distrutti nel processo chiamato “catabolismo”. Questi sono rifiuti tossici che devono essere espulsi quanto prima dal corpo.

L’avvelenamento, sia per opera di cibi tossici e/o combinazioni errate, sia nel caso dei tessuti distrutti, in un organismo sano, forte e in buona salute, viene ridotto ed eliminato dal sangue rapidamente. Quando invece l’energia nervosa non è sufficiente, il sistema di eliminazione non funziona correttamente provocando la ritenzione delle tossine e la costante intossicazione del sangue e dei tessuti. Nel momento in cui tale intossicazione supera una soglia di tolleranza, scatta immediatamente la malattia.

L’energia nervosa
Il troppo freddo o caldo, le preoccupazioni, i traumi, la digestione appesantita, gli sforzi mentali e fisici, la paura, gli eccessi emozionali, la rabbia, il non riposo, ecc. sono tutte condizioni che a lungo andare snervano l’essere umano e disperdono l’energia corporea.
Quando l’energia individuale si abbassa e raggiunge un certo livello (unico ed individuale per ogni persona), viene ritardata l’eliminazione delle tossine, dei rifiuti tossici, con conseguente deposito di scorie e tossine che causano autoavvelenamento.
La zona o l’organo dove avviene il maggior deposito di scorie dipende da persona a persona, dipende dalla costituzione, da eventuali predisposizioni (non certo genetiche, ma epigenetiche, quindi ambientali), dalla zona a “minor resistenza”, ecc.
Qualcuno potrà vedere interessate le articolazioni (artrosi, reumatismi, gotta, ecc.), qualcun altro un organo specifico (fegato --> cirrosi, polmoni --> polmonite, reni --> nefrite, stomaco --> gastrite, arterie --> ipertensione), ecc.

Malattia e sintomo
Nonostante queste differenze di locazione il concetto di malattia non cambia: si tratta sempre di una “eliminazione vicariante” operata dal corpo per espellere le tossine e diminuire la pericolosa saturazione tossica.
Sembrerà strano, ma tutti i fattori esterni a noi (freddo, caldo, microbi, virus, batteri, alimenti, ecc.) non possono causare di per sé la malattia, a meno che non provochino snervamento e indebolimento dell’energia vitale, la cui conseguenza è il ritardo nella espulsione delle tossine.
Se e solo se, il sangue si satura di tossine, interviene “l’eliminazione vicariante” detta malattia (o sintomo)!
Quindi in quest’ottica, la malattia altro non è che la Natura stessa che interviene di prepotenza, per liberare il carico tossico dal corpo, e segnalarci che siamo usciti dai binari di una vita sana e naturale.
Il nostro stile di vita globale (alimentazione, mondo dei sentimenti, mondo dei pensieri, le cose che diciamo e come le diciamo, ecc.) viene messo in discussione. Sta a noi comprenderlo e accettarlo, oppure possiamo sempre girare la testa dall’altra parte e prendere la medicina, il prodotto naturale, il farmaco omeopatico, ecc.
Tutte cose che nel bene (medicine naturali) e nel male (farmaci tossici) interferiscono con il meccanismo messo in atto dalla Natura.

STRESS AMBIENTALE – ABITUDINI QUOTIDIANE ERRATE

TRAUMI (FISICI-MENTALI-EMOZIONALI)

INDEBOLIMENTO

ELIMINAZIONE INSUFFICIENTE E RITENZIONE DI TOSSINE

TOSSIEMIA

MALATTIA
Irritazione > Infiammazione > Indurimento > Ulcerazione > Fungosità (cancro)

Qui sopra, dal diagramma codificato dal dottor J.H. Tilden (1851-1940) che esemplifica l’andamento della malattia, si può evincere che la malattia viene sempre dopo una tossiemia generalizzata, e la tossiemia viene sempre dopo un indebolimento energetico causato dallo stile di vita errato (alimenti tossici come le proteine animali, le combinazioni errate, una vita sregolata, poco riposo, ecc.)
Se tutto parte da un indebolimento generale e generalizzato, è logico che il riposo (mentale, fisico, emozionale) è basilare, e infatti in quest’ottica il digiuno è uno degli strumenti chiave.

Virus e batteri
Che ruolo hanno in tutto questo i batteri e virus? Sono esseri così tremendi da dover combattere con ogni strumento?
In questa visione, non sono certo da demonizzare, visto che il nostro corpo è praticamente colonizzato da miliardi di microrganismi, per non parlare dei virus (informazione ricoperta da una proteina) che sono all'ordine del giorno.
Nonostante quello che viene insegnato nelle scuole di medicina, i pericoli non arrivano dall'esterno se il corpo è sano e forte. Un qualsiasi organismo in perfetta salute "resiste" a qualsiasi "entità estranea", mentre un corpo malato, indebolito da pratiche debilitanti (stress, traumi, alimentazione, ecc.) soccombe a qualsiasi cosa.
I microbi sono dei saprofiti, vale a dire che si nutrono delle materie organiche morte o morenti. In questa maniera se i tessuti si trovano in uno stato tossiemico tale da necessitare una pulizia, allora agiscono positivamente in favore della salute.
Se i tessuti sono sani, ossigenati e nutriti correttamente, il corpo ha numerosi sistemi (pelle, mucose, secrezioni battericide, globuli bianchi, proteine, fegato, milza, linfociti, ecc.) per distruggere i microrganismi che accidentalmente arrivano dall'esterno (cibo, acqua, respirazione, ferite, ecc.).
I microrganismi interni, quindi, vengono "attivati" e/o "disattivati" dal nostro terreno biologico e fungono da veri e propri "spazzini" che aiutano a "pulire" il corpo in determinate situazioni patologiche. Gli antibiotici ("anti-bios" = contro la vita, contro la Natura) per esempio, distruggono tutte le forme di vita, impedendo ai microbi di lavorare e alla Guarigione di manifestarsi.

Cos’è il digiuno?
Diciamo subito che il digiuno non è una cura e nemmeno una terapia: è “semplicemente” il riposo fisiologico dell’organismo!
Parlare di “digiuno-terapia”, in termini odierni, non sarebbe molto corretto, a meno ché non s’intenda per terapia il complesso processo di autoguarigione (che però vedremo tra poco).

L’economica della Natura
La Natura si sa, non spreca nulla.
L’organismo umano normale è fornito di una scorta di materiali nutritivi messi da parte sotto forma di grasso, midollo osseo, glicogeno, estratti muscolari, latte, minerali, vitamine, ecc.
Sembrerà impossibile, ma un corpo in buona salute possiede immagazzinata una scorta nutritiva appropriata e sufficiente per superare giorni, settimane e anche alcuni mesi senza cibo.
Se non ci si alimenta, il corpo si avvale di queste riserve per nutrire i tessuti, e quando queste si esauriscono sopravviene il vero e proprio dimagrimento.
Nel sangue, linfa, ossa, specialmente nel midollo osseo, nel grasso, nel fegato e nelle altre ghiandole, persino nelle cellule vi sono riserve di proteine, grassi, zuccheri, minerali e vitamine da utilizzare nei momenti di scarsezza.
Quindi l’organismo a digiuno non verrà danneggiato dall’astinenza se e solo se le riserve saranno sufficienti a soddisfare i bisogni nutritivi dei tessuti e/o organi primari (cervello, polmoni, cuore, sistema nervoso, ecc.).

Per esempio, il glicogeno (amido animale), immagazzinato nel fegato, a bisogno viene trasformato in zucchero e distribuito ai tessuti a seconda le necessità.
Migliaia di esperimenti su persone hanno stabilito che durante il digiuno i tessuti si consumano in ordine inverso alla loro importanza: il grasso è il primo tessuto a scomparire (scompare il grasso dai muscoli, ma il muscolo mantiene la sua integrità ed una forza sorprendente).
Certamente l’organismo a digiuno cala di peso, ma tale perdita, anche se per un periodo prolungato, coinvolge le riserve e non i tessuti organici.
Infine, la perdita di peso varia a seconda del carattere e della qualità dei tessuti, dell’attività fisica ed emotiva svolta, della temperatura esterna, ecc.
Gli stress emotivi, l’attività fisica, il freddo e i tessuti scadenti accelerano il processo del calo di peso.
La regola importante è “in salute o in malattia, mai forzare del cibo nello stomaco”

Nelle malattie acute
Nelle malattie acute (infiammazioni, dolori, febbre, ecc.) la fame non si presenta perché le energie devono essere indirizzate verso altre direzioni piuttosto che “sprecate” per la digestione.
L’energia viene deviata dagli organi digestivi verso il lavoro più urgente, e anche il sangue fa la stessa cosa: viene dirottato verso quelle zone che ne richiedono in quantità.
Vi è assenza di succhi gastrici e le pareti del sistema digestivo secernono muco in quantità; i movimenti muscolari dello stomaco vengono sospesi e viene quindi meno la capacità di digerire il cibo.
Non si deve mangiare durante una crisi acuta, sia perché non si digerirebbe correttamente provocando fermentazioni e/o putrefazioni, ma anche perché il digiuno allevia il dolore e alleggerisce il carico di organi come reni e cuore.
Negli stati febbrili, i medici napoletani di 150 anni fa, facevano digiunare! Oggi? Il medico prescrive tachipirina, novalgina, aspirina, e altri veleni tossici per l’organismo.
Saltare qualche pasto, quando si presentano i primi sintomi, spesso è sufficiente a prevenire lo sviluppo di malattie più serie.

Nelle malattie croniche
Nelle malattie croniche una persona tende a credere di aver fame, ma le sue sensazioni sono solo irritazioni del tratto digestivo. Questi sintomi scompaiono quando si digiuna.
Durante il digiuno si accelerano i processi escretori che liberano velocemente il corpo dalle scorie e tossine che sono causa del disturbo
Nell’anemia e nel diabete, non si può intraprendere il digiuno da soli, ma serve la guida di un esperto igienista

Quattro buone ragioni per digiunare

1- Dimagrimento. Il digiuno è la strada più veloce, sicura ed efficiente per dimagrire.

2- Compensazione fisiologica. Quando si deve digerire un cibo una grande quantità di sangue deve affluire agli organi digestivi e l’organismo conseguentemente tende ad essere pigro, ad addormentarsi. Se si svolge un lavoro pesante, il processo digestivo è praticamente sospeso. Digiunare, conservando le energie digestive, permette di deviarle verso altri canali e quindi di svolgere altri lavori.

3- Riposo fisiologico. Il digiuno permette il riposo del sistema digestivo, ghiandolare, circolatorio, respiratorio, nervoso. Più cibo viene ingerito, maggiore è il lavoro che deve essere svolto dagli organi che formano tali sistemi; in presenza di un digiuno questi organi si riposano. Le ghiandole della bocca e dello stomaco, il tubo digestivo, il fegato e il pancreas non devono lavorare. Il cuore, le arterie si alleggeriscono e riposano. Le ghiandole, all’infuori di quelle che scernono succhi digestivi, riducono la loro attività secretrice. La respirazione rallenta e il sistema nervoso lavora di meno.

4- Eliminazione. Il dottor J. H. Tilden: “Dopo 55 anni trascorsi nel selvaggio mondo delle terapie mediche, sono costretto a dichiarare, senza paura di essere smentito, che il digiuno rappresenta l’unico evacuatore terapeutico sicuro per l’uomo”

Il dottor Felix L. Oswald: “Il digiuno rappresenta il migliore sistema rinnovatore. Tre giorni di digiuno all’anno purificano il sangue ed eliminano i veleni più efficacemente di cento bottiglie di soluzioni purgative”.
Non esiste niente altro che al pari del digiuno che sia in grado di aumentare l’eliminazione delle sostanze di rifiuto dal sangue e dai tessuti.
Le secrezioni represse o i rifiuti trattenuti vengono espulsi dall’organismo ed il sistema risulta purificato. Servono pochi giorni per liberare il sangue e la linfa dalle tossine, ma il digiuno prosegue nella sua azione e provoca l’espulsione delle tossine che da molto tempo erano depositate nei tessuti meno importanti (grasso, organi, ecc.)
Il digiuno costringe il corpo a consumare (autolisi) tutti i tessuti superflui e le scorte nutritive utilizzandole per sostenere i tessuti principali. In questo senso le tossine immesse in circolazione potranno essere espulse dagli organi escretori.

L’escrezione
L’escrezione è una delle funzioni fondamentali della vita ed è essenziale per l’esistenza stessa. L’organismo per mantenersi in vita deve: ASSIMILARE, CRESCERE, ESCRETARE
Abbiamo visto prima che vi è un continuo sforzo da parte dell’organismo di espellere le tossine accumulate, i rifiuti organici e inorganici (metabolismo: anabolismo e catabolismo).
Tutto quello che il corpo non può utilizzare come cibo deve essere espulso dal corpo.
Le energie dell’uomo sono divise sempre tra ASSIMILAZIONE ed ELIMINAZIONE.
Durante il digiuno (sospensione dell’alimentazione) l’eliminazione degli scarti, delle tossine raggiunge livelli unici.
Il riposo da solo aumenta l’eliminazione, anche se non agli stessi livelli.

Tutto ciò che diminuisce il lavoro dell’organismo aumenta quello dell’eliminazione

Forza ed energia durante il digiuno
Per quanto paradossale possa apparire, le persone deboli traggono i maggiori benefici da periodi di astinenza dal cibo, anche perché, la debolezza di solito, non è dovuta a mancanza di cibo ma ad una condizione di intossicazione dell’organismo e da una cattiva assimilazione.

Il digiuno può curare?
Il termine “cura” deriva dal latino che significava “attenzione”, “cautela”.
Oggi ovviamente ha un altro significato.
Il digiuno non “cura” nulla: è un periodo di riposo fisiologico, l’interruzione di ogni fatica.
Il riposo fornisce all’organismo l’opportunità di fare da solo quello che non riesce a fare in completa attività.

Solo quando le cause vengono eliminate e/o bloccate, il corpo, DA SOLO, può iniziare a guarire. Rimuovere le cause NON significa guarire, significa rendere possibile che i processi ristoratori, rigeneratori, perfezionino il loro operato.
Questo operato si chiama AUTOGUARIGIONE

Guarire, a differenza di curare, è un processo biologico, NON è un’arte.
Un chirurgo può cucire una ferita ma non può guarirla, può mettere insieme le estremità di un osso rotto ma non può unire o saldare le due parti. SOLO l’organismo può fare questo.

Guarire è un processo naturale

Ogni GUARIGIONE è in realtà solo AUTOGUARIGIONE e per tanto il digiuno non è una cura.
In quanto riposo fisiologico, il digiuno permette all’organismo di autoguarirsi, fornendo al corpo l’opportunità di lavorare con meno sforzi.

Alcune cosa da sapere nel digiuno
1- Quando si inizia a digiunare quasi inevitabilmente si presentano sviluppi fisici che non devono allarmare: lingua bianca, bocca e alito cattivo, denti impastati, mal di testa, ecc.
Sono tutte condizioni che rappresentano il processo purificatore. Appena il corpo scarica il suo fardello tossico, inizia il processo di purificazione della lingua, prima la punta e poi sui lati e alla fine bocca e lingua puliti.
2- L’urina può diventare scura, quasi nera, dall’odore forte, anche se si beve solo acqua. Indice del lavoro renale di eliminazione.
3- La perdita di peso è dovuta all’utilizzazione delle riserve organiche
4- La debolezza è dovuta all’inattività funzionale. Si è molto rilassati, il cuore e la respirazione rallenta, la circolazione si calma. La debolezza iniziale è dovuta all’assenza della “solita stimolazione”: caffè, ecc.
5- L’aspetto più noioso forse è rappresentato da nausee e vomito, che però sono importanti crisi purificatorie.
6- Il riposo (fisico e mentale) è fondamentale.
7- L’esercizio fisico all’aria aperta moderato è molto importante
8- Il raffreddamento inibisce l’eliminazione, per cui bisogna stare al caldo.
9- Bere acqua fresca pura, non fredda.
10- I bagni di sole sono un fattore nutritivo di grande aiuto nel digiuno, basta non abusarne.
11- Niente purganti durante il digiuno

L’interruzione del digiuno
Il momento ideale per interrompere il digiuno è quando si manifesta il ritorno della fame.
La lingua è pulita e l’alito è sano.
L’interruzione e la ripresa alimentare è fondamentale per non vanificare il tutto.
Si può riprendere mangiando cibi leggeri come frutta e verdure. Tre pasti al giorno, semplici e non ricchi, formati da cibi freschi.

DAL SITO WWW:DISINFORMAZIONE.IT uno dei siti più belli che io abbia consultato negli ultimi anni.

Bibliografia:
"Il digiuno può salvarvi la vita", dottor Herbert Shelton, ed. Manca
"La Tossiemia causa primaria di malattia" dottor J.H. Tilden, ed. Manca
"Tossiemia e la disintossicazione" di Emanuele Dimauro, tratto da "Igiene Naturale e Salute", nr.78-79-80, aprile 2009
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domenica 1 agosto 2010

Na gira an montagna

Përchè che la gent as saluta nen...
Na gira an montagna

Se i vardoma un pòch andré an la stòira dl’umanità, i s-ciairima che l’òm a l’ha vivù quasi sempre andrinta dle cite comunità, dij “clan”, dle famije nen tant gròsse, andoa che a fussa nen tant malfé a capisse, a ‘ndé d’acorde; cite borgà spatarà an sle colin-e, arlongh al fium, ant un rivass a randa ‘d na ròca, tute posission studià për trové dl’eva, paresse da la frèid, e magara stërmà dai soldà forësté che minca tant a rivavo për barbeje gran, galin-e e cò le fomne.

J’esempi dle cite comunità a son ij mila e mila paisòt che a son spatarà ant l’Europa, tuti con dij nòm baravantan, dle posission che tante vòte a fan pensé, e tuti con sò dialèt diferent, soe costume che a së smijo tute ma a son tute girà a soa manera, e tuti con sò amor e orgheuj për sò cioché, soa tèra andoa ch’a son na. A costa dimension comunitaria, l’òm a riess a combinesse da bin, për fé cheuse ‘l pan, për fré ij cavaj, për fé giré ‘l martinèt e forgé le ziamènte, për sotré ij mòrt e për fé festa minca tant e cò për feje na ca a Nosgnor Idio e ciameje ch’a para ij persi e j’uve da la tempesta. Dì che ant ij paisòt ai sìa mach la pas, lolì a l’é nen vèj, però i podima dì che fin-a l’equilibrio polìtich a l’é pì bon da ten-e pròpi përchè la gent a l’é obligà dë s-ciairisse tuti ij dì, dal panaté, ant ij camp, ant la Cesa e antrames a la festa dël pais, da dnans a na pinta ‘d vin, che a fa a n manera che peuj, con ël temp, squasi tute le gate as peulo rangesse.
Ij paisòt a son l’incontrari dle gròsse sità, andoa che l’umanità a l’é stà portà për eror o për tentassion, e andoa che a riess nen a vive an armonìa con la creassion.
Profitoma pura an costi dì d’andé a marcé an montagna, ant le bele valade dël Piemont; quandi che l’òm a riva an montagna, ant la pas, antrames a le piante milenarie, ai sarvanòt e a le marmòte, a cambia tut d’un colp. Ëd longh, quandi ch’it rive, at ven la veuja ‘d marcé, dë sté da sol, ëd respiré costa aira santa, d’anciochete j’euj a vardé cole ròche sensa fin, mach ti e col brich da monteje ansima con toe gambe. Peuj, doj ore dòp, d’anfòra, it tache a voghe na comitiva ‘d gent che a ven për tò senté...
La prima còsa che l’òm a fa quandi che a ‘mbat n’autr òm an montagna a l’é salutesse: sé, pròpi saluté un forësté!
Le fòrse dël Mal, con la tentassion dla moneda, dla facilità dla vita, dl’egoism, a l’han portà l’umanità a vive andrinta a un ciadel sensa cognission che a l’é la vita moderna, andoa che l’òm a l’é “anestetisà”, andurmì andrinta a col bordel dla television, dël travaj, tràfich, telefonin an sacòcia, aradio ch’a sbrajasso, e tut sonsì a lo carìa mach ëd nervos, d’òdio, gramissia, che peuj a son le conseguense lògiche dle pì brute maladìe.
L’òm a l’ha dësmentia còs ch’a l’é ‘l silensi, e a pensa che soa vita sìa mach sté an mes al bordel. Për lòn che fin-a ij pì giovo, quandi che a van an montagna, as pòrto l’aradio da press!
I l’oma tuti la paura dël silensi përché a l’é la stra che a pòrta al cambiament: a vanta taché a fé silensi da fòra, për dòp taché a felo d’andrinta, për sente cola ch’a l’é nòstra vera identità.
Marcé an montagna, për andé ans un brich, a l’é un-a dle rapresentassion pì bele dl’umanità an sla tèra: l’òm, da sol, antrames a le piante, le besc-e e le ròche, a viagia a testa ansù anver a n’obietiv precis: an sla stra a treuva la pas, a dësmentia tute soe gran-e dla vita fòla e sensa sens.
An costa condission ëd pas, ëd Grassia (a gratis), a ambat n’autr òm, e a-i ven natural ëd salutelo për da bin, ëd volej-je “bin”. Nen soneje ‘l clacson e feje ij còrn da ant ël lunòt!
Bon-a montagna a tuti.
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martedì 13 luglio 2010

L’òm e j’animaj dla Creassion

La bes-cia pì bes-cia ‘d tute
L’òm e j’animaj dla Creassion

Galup a l’é ‘l mé can; bele che... dì “mé can” a sìa mach na paròla. Chièl a l’é lì scogiassà contra ‘l pajé, a s’arvita ant ël povrass dla gera dla cort, a deurm come ‘n crin tut ël dì, a-i cor da dré dar mosche, e a speta che a la sèira da la cusin-a a-i seurta sò sigilin ‘d potarèt vansà. Mangé e deurme e bauleje a ra lun-a: mai vist na caden-a, mai avù da ‘ndesse sërché la sbòba për vive.
Baicanda ben, fòrsi i son mi che son “sò”, mi che an toca core sota ‘l sol, con la crapa sempre pì brusatà ant ël reu andoa che ij cavej a ven-o sempre pì ràir.
L’òm, come san Fransèsch, a l’ha come dover ëd fé diventé domestie tute le bes-ce, an manera che cò lor, ant ël temp, a peusso avèj dal Creator l’individualità che l’òm a l’ha avù ant ij temp andré. A-i son mila manere ‘d parleje ar bes-ce, con j’esempi e con le paròle, për fé an manera che a peusso ten-e un comportament che a daga a la comunità, a l’organism agrìcol o bele mach a la famija n’agiut, un pòch ëd fòrsa për andé anans. Ël caval a peul tiré ‘l carèt, l’aso a peul rabasté le ziamente dl’òrt, ël can a peul vardé le feje an pastura e le galin-e a peulo fé j’euv. La cassin-a, la famija, formà da l’òm e le bes-ce e le piante, a deuv diventé na colaborassion general ëd tute coste forme ‘d vita, che a deuv diventé “imagine e smijansa” dl’Univers dël Creator.
An cost univers ëd libertà e ‘d colaborassion, ij can e ij gat a ven-o a avèj na fonsion, n’utilità, an cambi dla libertà che noj je doma quandi che i-i lassoma a rabel, a vindolé ant ij camp e ant la cort, lìber come j’osej e le bes-ce sërvaje, ma doméstich e colaborator dl’òm.
An costa manera, ij can e ij gat a vivo soa vita dësgenà, sensa sagrin e sensa pao ‘d gnente, con l’arzigh (a l’é vaj) d’andé sbërgnacà sota le roe d’un camion, ma lìber.

Min, Min... ven sì...brav!

An sità le còse a son diferente: “Òh che bel gatin, vanda mach, (pòvra bes-cia), a sarà un gat sperdù”... Chi sa, “poverino”, che fam che a deuv avèj... “A vanta salvelo”: “Mino min min, ven sì brav“: a lo ciapo, a lo saro andrinta na gabia, e peui “trach!”, a-i tajo ‘d longh le bale, tant për rispet. “J’animaj a van sterilisà e sarà ant le gabie”.
E parej ‘l gat che a l’é andaje da dré da l’òm, an sità, a l’ha pagà cò chiel ‘l pressi për vive antrames a tut coj palass e col asfalt: a l’ha lassaje ij “coconèt” sensa savèjne gente, e a l’han butalo ant un-a gabia a des pian, con j’orari dla supa e dla sògn, a vardé ‘l mond a quadrèt come ‘l pès delinquant. Cost a l’é “l’amor” che certa gent a pòrta për le bes-ce.

La sterilissassion dl’umanità
A voghe da fòra come che a trato le bes-ce pròpi coj là che a diso ‘d voleije pì bin che j’autri, a smija che l’òm a stògna sërcand na giustificassion për avèj sërcà ‘d castré l’umanità, d’avèj ampedì che milion ‘d masnà a podèisso nasse ant l’Europa: l’egoism dl’òm modern, e la sua pao ëd pi nen avèj a basta sòld da sgheiraccé al centro comersial, a l’ha fa an manera ‘d masseje prima che a sauto fòra da la pansa dla mare. Sterilisé un gat, e pratiché l’abòrt, an fin dij cont, a son la stessa ròba: noj massoma e sëmnoma la mòrt përché l’oma pao dla vita. La vita l’oma nen ‘l dirit ëd fërmela, përché soma nen noj ij padron dl’Univers.
La vita tant, a va anans l’istess: dij gat a-i na j’é sempre pì tanti, e le masnà ch’i l’oma massà ant la pansa dla mare adess a traverso ‘l mar con ël gomon për ven-e a coneusse la tèra e la mare andoa che a l’avo da nasse la gira prima....
Batista
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giovedì 17 giugno 2010

L'acqua e l'uomo

La pioggia ha fatto ancor disastri. L'acqua che é uno degli elementi essenziali della vita sulla terra, ha dimostrato ancora una volta la sua forza.

L'uomo ha ritratto con i suoi aparecchi bidimensionali, l'effetto dell'acqua nel Vars, una regione della Francia vicinissima a noi.
Analizzo dunque, stamane le 14 foto presenti sul sito delle "busiarda" (la Stampa).
In 7 foto il soggetto principale sono le automobili.
In 6 foto é soggetto l'opera dell'uomo "smontata" con uno spruzzo dalla forza dell'acqua caduta dal cielo.
In 11 foto é presente l'uomo, intento a mirare stupefatto, impacciato quello che l'acqua del cielo ha fatto alle sue certezze.
E' molto bella quell'immagine dall'alto che ritrae due furgoni lentamente cullati dalla corrente, che , adagiati nel letto del fiume di acqua color della terra, stanno galleggiando-rotolando verso il mare.
L'uomo guarda le meraviglie del suo creato, il mondo del consumismo, galleggiare fra le onde di fango. Il fango é composto da terra e acqua al contempo. Gli autisti dei due furgoni avevano regolarmente preso un "café" lunghissimo al bar, regolarmente bisticciato nel loro cuore quando l'uno non aveva segnalato con la "clignotant" di svoltare a destra, avevanno regolarmente fatto i conti di quanto sarebbe costato riportare indietro il furgone di soli tre anni, e prendere il modello nuovo visto che c'é l'incentivo e che "me lo passano bene" quello vecchio; avevano calpestato la solita pozzanghera sulla stradina di ghiaia che porta a casa, quella strada che nessuno aggiusta perché "toccherebbe ai vicini"; entrambe ascoltavano lo "zoo di 105", la campagnia di molta gente che viaggia su questa fitta ragnatela di strade caotiche, per "guadagnare" quanto serve per "spendere" nella società.

Dans un seule image, nous avons la possibilité de voir (du haut) , l'image del la nature arrosée par l'eau, deux petit marigots que ont debordé son precieux contenu dans le champs; nous est facile imaginer la sensation de joie des arbres anfoncée dans cette terre mouillée; de voir le poissons nagé par le champs a la recherche de qualques chose de nouveau; des oiseaux que bien posés sur les arbres, sont entrain de regarder le spectacle. Ceci est le spectacle de la puissance de la nature; aucune plante mourirà pour la cause de cet aurage: aucun poisson ou oiseaux aura reporté de consequences.
L'homme seule à reporté 20 mort, 20 àmes qui ont laissez ces monde terrestre pour fair acces au monde de l' Esprit.
il y a a que reflechir.

Alla prima pisciata di acqua dal cielo, le nostre certezze svaniscono, le nostra auto galleggiano, le nostre vie e case si sgretolano, e noi affondiamo perché l'indurimento del nostro cuore, che é diventato una pietra, ci impedisce di restare a galla.
La notizia: 100mila persone senza corrente. Tutto qui?

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domenica 13 giugno 2010

Disinformazione.it

Vi presento un sito internet che stimo e apprezzo. qui di seguito un articolo a casa (mica tanto); un invito a seguirer questo valdissimo sito.

- Pagina vaccinazioni

La ricerca sui vaccini sta a cuore alla Fondazione Gates...
Traduzione di Cristina Bassi da Mercola.com - tratto da www.thelivingspirits.net

La notizia che traduco nel seguito (da mercola.com) è una di quelle che fanno tremare coloro che sono attenti alle macchinazioni e manipolazioni delle Big Pharma sulla nostra salute. Ci mancava anche la filantropia di Mr Gates...


Dal Washington Post del 30 gennaio 2010: (http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2010/01/29/AR2010012903953.html):
“la Fondazione Bill & Melinda Gates progetta di donare 10 miliardi di dollari nel prossimo decennio per la ricerca di nuovi vaccini, secondo le affermazioni del co-fondatore della Microsoft e consorte. Hanno anche chiesto che vi contribuisca il governo e il mondo degli affari.
"Dobbiamo fare di questo il decennio dei vaccini” ha detto Bill Gates.
"I vaccini sono un miracolo," ha detto Melinda Gates. (e glielo lasciamo tutto per lei… ndr)
"Solo con poche dosi, essi possono prevenire malattie mortali per tutta la vita", dice la signora….

Ecco il commento del dr Mercola:
La Fondazione Gates ha fatto la donazione forse più grande in tutta la storia, ma purtroppo riguarda un disastro in attesa di compimento, causa la falsa credenza che più medicine siano la risposta ai problemi di salute nel mondo.
Ciò che veramente mi disorienta è come questi 10 miliardi non possano essere considerati un sussidio diretto alle industrie farmaceutiche, dato che saranno le uniche a beneficiarne.

L’autore di Politicol News l’ha detta meglio:
“L’annuncio di 10 miliardi di dollari per pompare, a livello mondiale, più profitti nelle industrie del farmaco è il più grande errore che ha fatto Gates dopo quello di Microsoft Vista.”

Come una delle voci più rispettate al mondo, Gates ha una opportunità unica per richiamare l’attenzione su importanti questioni sociali, creando un grande impatto a livello mondiale. Invece si è lasciato sedurre da interessi speciali e sta sprecando le sue risorse, insieme all’opportunità di fare veramente la differenza.
E’ un peccato che tutto il denaro non stia andando verso soluzioni che veramente siano dirette ai problemi di fondo, come la nutrizione, l’acqua pulita, la sanità e la vitamina D.
Tutto quel denaro quanti sistemi di purificazione avrebbe costruito in India o ad Haiti? Quanti impianti sanitari?

A letto con le Big Pharma
Donare denaro per i bambini del mondo è certamente lodevole e non penserei mai che qualcuno sia in errore nel farlo. Ma giocare in coppia con le industrie farmaceutiche ed aspettarsi altruismo, è - al meglio - ingenuità.
Ho grande rispetto per la bravura intellettuale di Gates e mi è veramente difficile credere che non sappia la verità sui vaccini.
Il problema è che Gates non ha interesse nei sistemi di guarigione naturali e quindi si affida a consulenti radicati nel paradigma medico convenzionale fatalmente difettoso, che ritiene che i vaccini siano la cura per tutte le malattie infettive.

Infatti, la Fondazione Gates è profondamente associata alle Big Pharma e persino alla Monsanto, come si può vedere dalle loro recenti associazioni:

- Nel 2006 Gates assunse il vicepresidente della Monsanto, Robert Horsch[i] perché si unisse alla Fondazione
- Nel 2001 Gates aggiunse al suo consiglio direttivo Raymond Gilmartin della Merck
- Nel 2002 Gates investì 205 milioni di dollari in 9 delle grandi aziende farmaceutiche
- Negli anni scorsi, La Fondazione Gates ha dato più di 4.5 miliardi di dollari alla ricerca sui vaccini

Vaccinare chi è compromesso con il sistema immunitario è una ricetta disastrosa
Per poter sradicare malattie infettive da una nazione, prima di tutto bisogna dirigersi su coloro che hanno un sistema immunitario compromesso. Se colpite con un potente vaccino dei bambini dal sistema immunitario soppresso, creerete malattia, anziché sradicarla.
Se vi soffermate con attenzione su questo punto, considererete chiaramente che i vaccini reprimono le funzioni immunitarie del corpo.
La morte e la malattia nei paesi in via di sviluppo sono spesso un risultato di malnutrizione, associato a questo tipo di problemi [ii]:

- i bambini con inadeguate proteine nella loro dieta non sono in grado di produrre anticorpi dopo aver ricevuto i vari vaccini, perché in tal modo viene compromessa la capacità di produrre globuli bianchi, che sono essenziali per combattere infezioni.

- è più probabile che i corpi di bambini malnutriti vengano penetrati da organismi infetti , causa insufficiente vitamina C; questo fa si che la loro pelle si rompa più facilmente e faciliti così l’entrata di batteri ed altri organismi.

- le condizioni di vita dei bambini del terzo mondo sono spesso cosi scarse che essi sono esposti ad un largo numero di agenti patogeni, da cui hanno pochissima difesa.

- la causa di morte più diffusa tra i bambini dei paesi in via di sviluppo è la diarrea.

- i bambini del terzo mondo sono spesso in battaglia con vari tipi di infezioni per 200 giorni all’anno.

Persino I bambini sani hanno sistemi immunitari immaturi, ma somministrare dei vaccini a bambini che generalmente sono in un debole stato di salute, è una ricetta sicura per il disastro.
Ha più denaro che senso
Le iniziative falliscono laddove le soluzioni perdono di vista la radice del problema.
Per esempio, Kristi Helm (Seattle Times [iii]) cita l’iniziativa Avahan [iv]) della Fondazione Gates, ovvero un programma di 258 milioni di dollari designato per diminuire la diffusione dell’HIV/AIDS in India. E’ documentato che il programma sia gestito da consulenti d’affari molto retribuiti, piuttosto che da persone che abbiano esperienza di salute pubblica.

La soluzione di Gates era di versare persino più denaro in questo anno— altri 80 milioni di dollari— anziché vedere perché il programma non aveva successo.
Margarita Quintanilla, una coordinatrice della salute nella comunità, che ha lavorato in Nicaragua e che è beneficiaria della Fondazione Gates, ha espresso preoccupazione su come le multinazionali vogliano inserirsi con soluzioni tecniche senza spendere una riflessione sui bisogni delle infrastrutture sociali di base, come l’istruzione. Questa donna ha avuto più successo nell’insegnare dei concetti base come lavarsi le mani per ridurre infezioni.
Quintanilla ha detto:
"Dobbiamo essere saggi ed intelligenti nelle nostre soluzioni. Abbiamo la responsabilità di promuovere il cambiamento nel modo giusto."

La tecnologia non sempre ha la chiave per risolvere i problemi della salute, dell’istruzione e della povertà: bisogna con essa implementare le strutture sociali.

Los Angeles Times: il programma africano di Gates contro l’AIDS mette a rischio i bambini
La miopia di Gates è evidente da questo altro passo fatto dalla sua filantropia.
Il Los Angeles Times riferisce che nel 2007 i doni generosi della Fondazione Gates per combattere l’ HIV/AIDS, la tubercolosi e la malaria in Africa hanno messo a rischio inavvertitamente molti bambini.[v]
A quel tempo, gli sforzi per combattere quelle malattie specifiche richiedevano un training medico altamente specializzato, che però portò ad una carenza di medici di base.
Cosi ironicamente più bambini morirono di malattie comuni come la diarrea e la sepsi (infezione generalizzata all'intero organismo, ndt).
Mentre non c’è dubbio che il denaro sia fondamentalmente importante per salvare le vite di bambini vulnerabili, non ci sarà nessun progresso se il denaro non viene diretto ai problemi di fondo che si basano primariamente sullo stile di vita.

Traduzione di Cristina Bassi

Fonte:
http://articles.mercola.com/sites/articles/archive/2010/02/20/gates-donates-10-billion-dollars-for-vaccines.aspx

Note:
[i] “Monsanto vice president joins the Gates Foundation” (October 19, 2006) Organic Consumers Association
[ii] Urvina S. “Malnutrition in Third World Countries” (1984)
[iii] Helm K. “Two words missing from Gates Foundation vocabulary” (July 30, 2009) Seattle Times
[iv] Avahan: India AIDS Initiative,
[v] Piller C and Smith D. “Unintended victims” (December 16, 2007) Los Angeles Times


www.disinformazione.it
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domenica 30 maggio 2010

Io non compro uova e latte

Io non compro uova e latte.

http://www.youtube.com/watch?v=gYTkM1OHFQg

http://www.youtube.com/watch?v=VoY8FHzg4jU&feature=channel

E non venitemi a contare balle: il posto per una capra e per 4 galline ce lo abbiamo tutti, spostando un pò una moto e un fuoristrada terza auto, un pezzo di giardino condominiale....
Con tutta l'erba che c'é in giro e che ci costa benzina e tempo per distruggerla...
E se proprio uno non ha il posto per tenere 4 galline e una capra, é meglio che faccia una piccola riflessione di dove é andato a finire, e con quale egoismo ha scaricato sugli altri la produzione del proprio cibo.
Buonanotte.



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sabato 29 maggio 2010

Buon Compleanno

Di amici picio ne ha avuti tanti; ma Pietro Giovannini é imbattibile. Per presentarvelo mi permetto di pubblicare l'invito al suo prossimo 40° compleanno, un concentrato di sado-coglio-schizzo umorismo, che lo rappresenta molto bene.
Andrò a questa festa, e chiaramente siete tutti invitati da me. Basta seguire il decalogo...

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venerdì 7 maggio 2010

Al sentire della Via

Al sentire della via, i migliori fra gli uomini l'esploreranno con zelo per intero.
La persona mediocre ne sente parlare e la adotta e la mette per iscritto.
Ma la gente volgare, al sentire la notizia, riderà forte, e se non ridesse, non sarebbe questa la via.
Lao-Tzu, Tao Te-Chang.

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giovedì 29 aprile 2010

La gran-a dle gran-e

Sëmnoma nòstre smens!

Ël materialism e l’avidità a son le carateristiche specifiche dl’umanità, da quandi che a l’ha ancaminaje ‘l sécol passà fin-a al dì d’ancheuj, sensa ecession.
Parlanda dë smens con ij mé amis e avsin, am ven da pensé che prest i saroma obliga d’andé a modifiché cò l’evangeli ‘d san Maté...
«Gesù a l’ha dije: un campagnin a l’é surtì për sëmné. E antant ch’a sëmnava, na part ëd la smens a l’é calà arlongh la stra, andoa ch’a son rivaje j’osej e a l’han mangiala. N’autra part dë smens a l’é calà an s’un teren giairos, andoa ch’a-i era pòca cotura....» Cost paisan ëd doimila agn andré a andava nen a caté la smens da dla dël Gran Baciass.

La predica
Cost artìcol, che a l’ha l’aira ‘d na bon-a predica, a l’é frut ëd costa meditassion: an sinquant’agn, ij campagnin a son fasse porté via le smens. Le smens a son la richëssa dla tèra, proprietà ëd Nosgnor Iddìo, e a son stà regalà a gratis ai contadin che a l’han sempre cujije ant ij sò camp, për pianteje l’ann dapress. E sonsì da vàire mila agn. E gnun a l’é mai mòrt ëd fam.
S’i stoma atent, i voghima che da sinquant’agn a rivé fin-a adess tuta la ròba a l’é pien-a ambalà ‘d malatìe, e a l’han fane chërde che pì gnente a peul nasse se la smens a l’é nen passà andrinta a le fabriche.

Sinquant’agn andré, an Italia a j’era pen-a finije la guèra, un pòch come an Iraq adess, e (varda cas) coj che a l’avo fà s-ciopé la guèra e peuj vagnala a son jë stess dl’Iraq d’adess. A l’han tacà, con sò agiut alimentar e agrìcoj, a masenté le materie prime ëd nòstr pais. Pian pian, con l’economìa ben studià, a l’han fane gavé le puntà e le gabie dla meira, për gavene l’autonomìa d’avèj nòstre smens an ca, e dovreje a fé polenta e mangim sensa dovèj caté gnente. Adess che la ròba a smija ch’a vala pì gnente, i tacoma a rendisse cont che tute le gròsse fabriche dë smens a son masentà da le sòlite famije ‘d Merican (varda cas), e che noi i soma diventà obligà a caté sempre le smens da lor (dasnò a-i nass pì gnente); sensa parlé dle maisin-e, che mai come adess a son stà indispensabile për coltivé fruta e vërdura.

La vita as cata nen
Ël muliné ëd Corgnan a paga 35 euro al quintal la meira d’eut file sëcca, e as peulo cheuje 10-12 quintaj për giornà, che vardand da la mira econòmica a fà ciapé tanti sòld come col bes-ciass ëd meira moderna àuta tre méter, che a ciucia tuta l’eva dij camp, che a sa ‘d van e che as peul nen mangesse. E se veule prové a angrassé le bes-ce - polastr bocin e crave - con la meira d'eut file, i podrai voghe che a ven-o bele lustre, ben grasse e ëd bon imor; e se veule, i peule ciapé ant ël sach un chilo dla vòstra farin-a, rivé a ca da vòstra fomna e dije: «Monica, buta sonsì a cheuse ansima al potagé che ancheuj i mangioma nòstra polenta». La polenta ch’a ven dai nòstri camp, andrugià con ël nòstr liam, piantà con le nòstre ziamente, cola che ‘t vai dontré vòlte dla sman-a për voghe se a “fà fila”, arcaussà e cudìa come na masnà.

Mangé toa ròba
E mentre ch’it mange toa polenta, che a ven da toa tèra, che a sarà ‘d sicur la ròba pì bon-a dël mond, it pense ch’i l’oma faje tròpi pastiss a costa tèra, për fé an manera ch’a rendèissa sempre pì tant, për ciapé sempre pì tanti sòld, e che adess costi sòld, un bel dì, a vniran a valej pì gnente, e noi i saroma sensa smens, sensa polenta, sensa farin-a, sensa forn për fé ‘l pan... Bela campagna!
Speroma ant la divin-a providensa? Nò, ròba veja costa! Speroma che ij merican a fasso nen saré col supermarket davsin a ca, andoa che a-i riva tute le ròbe pì bon-e dël mond, da le banane al salmon dël Cile. Beica ‘l bale dël forn e dla polenta: adess i soma diventà modern!

Batista
Copiright "Gazetta d'Alba" 2010

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martedì 9 marzo 2010

L'INSABBIAMENTO CULTURALE DELLA "QUESTIONE MERIDIONALE"

La mia lettura preferita del 2009: uno dei libri al quale ho dedicato il mio anno passato. Ve lo presento in questo sunto, ma vi pregherei di comprarvelo, per aiutare l'autore, .Chiedetelo in libreria. buona lettura.
"Controstoria dell'Unità d'Italia" di CARLO COPPOLA M.C.E. Editore

Molti storici in epoca moderna hanno fatto luce sugli eventi che hanno caratterizzato l'unità d'Italia dimostrando, con certezza, che la cultura di "regime" stese, dai primi anni dell'unità, un velo pietoso sulle vicende "risorgimentali" e sul loro reale evolversi.

Tutte le forme d'influenza sulla pubblica opinione furono messe in opera, per impedire che la sconfitta dei Borboni o la rivolta del popolo meridionale si colorasse di toni positivi.

Si cercò di rendere patetica e ridicola la figura di Francesco II - il "Franceschiello" della vulgata – arrivando alla volgarità di far fare dei fotomontaggi della Regina Maria Sofia in pose pornografiche, che furono spediti a tutti i governi d'Europa e a Francesco II stesso, il quale, figlio di una "santa" e allevato dai preti, con ogni probabilità non aveva mai visto sua moglie nuda nemmeno dal vivo. Risultò, in seguito, che i fotomontaggi erano stati eseguiti da una coppia di fotografi di dubbia fama, tali Diotallevi, che confessarono di aver agito su commissione del Comitato Nazionale; la vicenda suscitò scalpore e, benché falsa, servì allo scopo di incrinare la reputazione dei due sovrani in esilio.

La memoria di Re Ferdinando II, padre di Francesco, fu infangata da accuse di brutalità e ferocia: gli fu scritto dal Gladstone – interessatamente - d'essere stato - lui cattolicissimo - "la negazione di Dio".

Soprattutto si minimizzò l'entità della ribellione che infiammava tutto il l'ex Regno di Napoli, riducendolo a "volgare brigantaggio", come si legge nei giornali dell'epoca (giornali, peraltro, pubblicati solo al nord in quanto la libertà di stampa fu abolita al sud fino al 31 dicembre 1865); nasce così la leggenda risorgimentale della "cattiveria" dei Borboni contrapposta alla "bontà" dei piemontesi e dei Savoia che riempirà le pagine dei libri scolastici.

Restano a chiarire le motivazioni che hanno indotto gli ambienti accademici del Regno d'Italia prima, del periodo fascista e della Repubblica poi, a mantenere fin quasi ai giorni nostri, una versione dei fatti così lontana dalla verità.

A mio parere le ragioni sono composite, ma riconducibili ad un concetto che il D'Azeglio enunciò nel secolo scorso "Abbiamo fatto l'Italia, adesso bisogna fare gli Italiani", e possono essere esemplificate nel seguente modo:

a. Il mondo della cultura post-unitaria si adoperò per sradicare dalla coscienza e dalla memoria di quelle popolazioni che dovevano diventare italiane, il modo piratesco e cruentisissimo con il quale l'unità si ottenne, ammantando di leggende "l'eroico" operato dei Garibaldini (che sarebbero stati, nonostante tutto, schiacciati prima o poi dall'esercito borbonico), sminuendo il fatto che la reale conquista del meridione fu ottenuta, in realtà, dall'esercito piemontese, attraverso le vicende della guerra civile - nonostante la formale annessione al Regno di Piemonte - e tacendo, soprattutto, la circostanza che le popolazioni del sud, salvo una minoranza di latifondisti ed intellettuali, non avevano nessuna voglia di essere "liberate" e anzi reagirono violentemente contro coloro i quali, a ragione, erano considerati invasori.
Per contro si diede della deposta monarchia borbone un'immagine traviata e distorta, e del '700 e '800 napoletano la visione, bugiarda, di un periodo sinistro d'oppressione e miseria dal quale le genti del sud si emanciperanno, finalmente, con l'unità, liberate dai garibaldini e dai piemontesi dalla schiavitù dello "straniero".

b. Il Ministero della Pubblica Istruzione e della cultura popolare del periodo fascista, proteso com'era al perseguimento di valori nazionalistici e legato a filo doppio alla dinastia Savoia, non ebbe, per ovvi motivi, nessuna voglia di tipo "revisionista", riconducendo anzi l'origine della nazione al periodo romano e saltando a piè pari un millennio di storia meridionale. Il governo fascista ebbe l'indiscutibile merito di cercare di innescare un meccanismo di recupero economico della realtà meridionale, ma da un punto di vista storico insabbiò ancor di più la questione meridionale, ritenendola inutile e dannosa nell'impianto culturale del regime.

c. La Repubblica Italiana, nel dopoguerra, mantenne intatto, in sostanza, l'impianto di pubblica istruzione del periodo fascista.

La nazione emergeva, non bisogna dimenticarlo, da una guerra civile, nella quale le fazioni in lotta avevano, con la Repubblica di Salò, diviso in due l'Italia, il movimento indipendentista siciliano era in piena agitazione (erano gli anni delle imprese di Salvatore Giuliano), non era certamente il momento di sollevare dubbi sulla veridicità della storia risorgimentale e alimentare così tesi separatiste.

Si è arrivati in questo modo ai giorni nostri, dove ancora adesso, in molti libri scolastici, la storia d'Italia e del meridione in particolare è vergognosamente mistificata.

In campo economico la visione che si dette del Regno delle due Sicilie fu, se possibile, ancora più lontana dalla realtà effettuale.

Il Sud borbonico, come ci riporta Nicola Zitara era: "Un paese strutturato economicamente sulle sue dimensioni. Essendo, a quel tempo, gli scambi con l'estero facilitati dal fatto che nel settore delle produzioni mediterranee il paese meridionale era il piú avanzato al mondo, saggiamente i Borbone avevano scelto di trarre tutto il profitto possibile dai doni elargiti dalla natura e di proteggere la manifattura dalla concorrenza straniera. Il consistente surplus della bilancia commerciale permetteva il finanziamento d'industrie, le quali, erano sufficientemente grandi e diffuse, sebbene ancora non perfette e con una capacità di proiettarsi sul mercato internazionale limitata, come, d'altra parte, tutta l'industria italiana del tempo (e dei successivi cento anni). (...) Il Paese era pago di sé, alieno da ogni forma di espansionismo territoriale e coloniale. La sua evoluzione economica era lenta, ma sicura. Chi reggeva lo Stato era contrario alle scommesse politiche e preferiva misurare la crescita in relazione all'occupazione delle classi popolari. Nel sistema napoletano, la borghesia degli affari non era la classe egemone, a cui gli interessi generali erano ottusamente sacrificati, come nel Regno sardo, ma era una classe al servizio dell'economia nazionale".

In realtà il problema centrale dell'intera vicenda è che nel 1860 l'Italia si fece, ma si fece malissimo. Al di là delle orribili stragi che l'unità apportò, le genti del Sud patiscono ancora ed in maniera evidentissima i guasti di un processo di unificazione politica dell'Italia che fu attuato senza tenere in minimo conto le diversità, le esigenze economiche e le aspirazioni delle popolazioni che venivano aggregate.

La formula del "piemontismo", vale a dire della mera e pedissequa estensione degli ordinamenti giuridici ed economici del Regno di Piemonte all'intero territorio italiano, che fu adottata dal governo, e i provvedimenti "rapina" che si fecero ai danni dell'erario del Regno di Napoli, determinarono un'immediata e disastrosa crisi del sistema sociale ed economico nei territori dell'ex Regno di Napoli e il suo irreversibile collasso.

D'altronde le motivazioni politiche che avevano portato all'unità erano – come sempre accade – in subordine rispetto a quelle economiche.

Se si parte dall'assunto, ampiamente dimostrato, che lo stato finanziario del meridione era ben solido nel 1860, si comprendono meglio i meccanismi che hanno innescato la sua rovina.

Nel quadro della politica liberista impostata da Cavour, il paese meridionale, con i suoi quasi nove milioni di abitanti, con il suo notevole risparmio, con le sue entrate in valuta estera, appariva un boccone prelibato.

L'abnorme debito pubblico dello stato piemontese procurato dalla politica bellicosa ed espansionista del Cavour (tre guerre in dieci anni!) doveva essere risanato e la bramosia della classe borghese piemontese per la quale le guerre si erano fatte (e alla quale il Cavour stesso apparteneva a pieno titolo) doveva essere, in qualche modo, soddisfatta.

Descrivere vicende economiche e legate al mondo delle banche e della finanza, può risultare al lettore, me ne rendo conto, noioso, ma non è possibile comprendere alcune vicende se ne conoscono le intime implicazioni.

Lo stato sabaudo si era dotato di un sistema monetario che prevedeva l'emissione di carta moneta mentre il sistema borbonico emetteva solo monete d'oro e d'argento insieme alle cosiddette "fedi di credito" e alle "polizze notate" alle quali però corrispondeva l'esatto controvalore in oro versato nelle casse del Banco delle Due Sicilie.

Il problema piemontese consisteva nel mancato rispetto della "convertibilità" della propria moneta, vale a dire che per ogni lira di carta piemontese non corrispondeva un equivalente valore in oro versato presso l'istituto bancario emittente, ciò dovuto alla folle politica di spesa per gli armamenti dello stato.

In parole povere la valuta piemontese era carta straccia, mentre quella napolitana era solidissima e convertibile per sua propria natura (una moneta borbonica doveva il suo valore a se stessa in quanto la quantità d'oro o d'argento in essa contenuta aveva valore pressoché uguale a quello nominale).

Quindi cita ancora lo Zitara: "Senza il saccheggio del risparmio storico del paese borbonico, l'Italia sabauda non avrebbe avuto un avvenire. Sulla stessa risorsa faceva assegnamento la Banca Nazionale degli Stati Sardi. La montagna di denaro circolante al Sud avrebbe fornito cinquecento milioni di monete d'oro e d'argento, una massa imponente da destinare a riserva, su cui la banca d'emissione sarda - che in quel momento ne aveva soltanto per cento milioni - avrebbe potuto costruire un castello di cartamoneta bancaria alto tre miliardi. Come il Diavolo, Bombrini, Bastogi e Balduino (titolari e fondatori della banca, che sarebbe poi divenuta Banca d'Italia) non tessevano e non filavano, eppure avevano messo su bottega per vendere lana. Insomma, per i piemontesi, il saccheggio del Sud era l'unica risposta a portata di mano, per tentare di superare i guai in cui s'erano messi".

A seguito dell'occupazione piemontese fu immediatamente impedito al Banco delle Due Sicilie (diviso poi in Banco di Napoli e Banco di Sicilia) di rastrellare dal mercato le proprie monete per trasformarle in carta moneta così come previsto dall'ordinamento piemontese, poiché in tal modo i banchi avrebbero potuto emettere carta moneta per un valore di 1200 milioni e avrebbero potuto controllare tutto il mercato finanziario italiano (benché ai due banchi fu consentito di emettere carta moneta ancora per qualche anno). Quell'oro, invece, attraverso apposite manovre passò nelle casse piemontesi.

Tuttavia nella riserva della nuova Banca d'Italia, non risultò esserci tutto l'oro incamerato (si vedano a proposito gli Atti Parlamentari dell'epoca).

Evidentemente parte di questo aveva preso altre vie, che per la maggior parte furono quelle della costituzione e finanziamento di imprese al nord operato da nuove banche del nord che avrebbero investito al nord, ma con gli enormi capitali rastrellati al sud.

Ancora adesso, a ben vedere, il sistema creditizio del meridione risente dell'impostazione che allora si diede. Gli istituti di credito adottano ancora oggi politiche ben diverse fra il nord ed il sud, effettuando la raccolta del risparmio nel meridione e gli investimenti nel settentrione.

Il colpo di grazia all'economia del sud fu dato sommando il debito pubblico piemontese, enorme nel 1859 (lo stato più indebitato d'Europa), all'irrilevante debito pubblico del Regno delle due Sicilie, dotato di un sistema di finanza pubblica che forse rigidamente poco investiva, ma che pochissimo prelevava dalle tasche dei propri sudditi. Il risultato fu che le popolazioni e le imprese del Sud, dovettero sopportare una pressione fiscale enorme, sia per pagare i debiti contratti dal governo Savoia nel periodo preunitario (anche quelli per comprare quei cannoni a canna rigata che permisero la vittoria sull'esercito borbonico), sia i debiti che il governo italiano contrarrà a seguire: esso in una folle corsa all''armamento, caratterizzato da scandali e corruzione, diventò, con i suoi titoli di stato, lo zimbello delle piazze economiche d'Europa.

Scrive ancora lo storico Zitara: "La retorica unitaria, che coprì interessi particolari, non deve trarre in inganno. Le scelte innovative adottate da Cavour, quando furono imposte all'intera Italia, si erano già rivelate fallimentari in Piemonte. A voler insistere su quella strada fu il cinismo politico di Cavour e dei suoi successori, l'uno e gli altri più uomini di banca che veri patrioti. Una modificazione di rotta sarebbe equivalsa a un'autosconfessione. Quando, alle fine, quelle "innovazioni", vennero imposte anche al Sud, ebbero la funzione di un cappio al collo.

Bastò qualche mese perché le articolazioni manifatturiere del paese, che non avevano bisogno di ulteriori allargamenti di mercato per ben funzionare, venissero soffocate.

L'agricoltura, che alimentava il commercio estero, una volta liberata dei vincoli che i Borbone imponevano all'esportazione delle derrate di largo consumo popolare, registrò una crescita smodata e incontrollabile e ci vollero ben venti anni perché i governi sabaudi arrivassero a prostrarla. Da subito, lo Stato unitario fu il peggior nemico che il Sud avesse mai avuto; peggio degli angioini, degli aragonesi, degli spagnoli, degli austriaci, dei francesi, sia i rivoluzionari che gli imperiali".

Per contro una politica di sviluppo, fra mille errori e disastri economici epocali (basti pensare al fallimento della Banca Romana, principale finanziatrice dello stato unitario o allo scandalo Bastogi per l'assegnazione delle commesse ferroviarie), fu attuata solo al Nord mentre il Sud finì per pagare sia le spese della guerra d'annessione, sia i costi divenuti astronomici dell'ammodernamento del settentrione.

Il governo di Torino adottò nei confronti dell'ex Regno di Napoli una politica di mero sfruttamento di tipo "colonialista" tanto da far esclamare al deputato Francesco Noto nella seduta parlamentare del 20 novembre 1861: "Questa è invasione non unione, non annessione! Questo è voler sfruttare la nostra terra come conquista. Il governo di Piemonte vuol trattare le province meridionali come il Cortez ed il Pizarro facevano nel Perú e nel Messico, come gli inglesi nel regno del Bengala".

La politica dissennatamente liberistica del governo unitario portò, peraltro, la neonata e debolissima economia dell'Italia unita a un crack finanziario.

Le grandi società d'affari francesi ed inglesi fecero invece, attraverso i loro mediatori piemontesi, affari d'oro.

Nel 1866, nonostante il considerevole apporto aureo delle banche del sud, la moneta italiana fu costretta al "corso forzoso" cioè fu considerata dalle piazze finanziarie inconvertibile in oro. Segno inequivocabile di uno stato delle finanze disastroso e di un'inflazione stellare. I titoli di stato italiani arrivarono a valere due terzi del valore nominale, quando quelli emessi dal governo borbonico avevano un rendimento medio del 18%.

Ci vorranno molti decenni perché l'Italia postunitaria, dal punto di vista economico, possa riconquistare una qualche credibilità.

L'odierna arretratezza economica del Meridione è figlia di quelle scelte scellerate e di almeno un cinquantennio di politica economica dissennata e assolutamente dimentica dell'ex Regno di Napoli da parte dello stato unitario.

Si dovrà aspettare il periodo fascista per vedere intrapresa una qualche politica di sviluppo del Meridione con un intervento strutturale sul suo territorio attraverso la costruzione di strade, scuole, acquedotti (quello pugliese su tutti), distillerie ed opifici, la ripresa di una politica di bonifica dei fondi agricoli, il completamento di alcune linee ferroviarie come la Foggia-Capo di Leuca, - iniziata da Ferdinando II di Borbone, dimenticata dai governi sabaudi e finalmente terminata da quello fascista.

Ma il danni e i disastri erano già fatti: una vera economia nel sud non esisteva più e le sue forze più giovani e migliori erano emigrate all'estero.

Nonostante gli interventi negli anni '50 del XX secolo con il piano Marshall (peraltro con nuove sperequazioni tra nord e sud), '60 e '70 con la Cassa per il Mezzogiorno e l'aiuto economico dell'Unione Europea ai giorni nostri, il divario che separa il Sud dal resto d'Italia è ancora notevole.

La popolazione dell'ex Regno di Napoli, falcidiata dagli eccidi del periodo del "brigantaggio", stremata da anni di guerra, di devastazioni e nefandezze d'ogni genere, per sopravvivere, darà vita alla grandiosa emigrazione transoceanica degli ultimi decenni dell''800, che continuerà, con una breve inversione di tendenza nel periodo fascista e una diversificazione delle mete che diventeranno il Belgio, la Germania, la Svizzera, fin quasi ai giorni nostri.

Il Sud pagherà, ancora una volta, con il flusso finanziario generato dal lavoro e dal sacrificio degli emigranti meridionali, lo sviluppo dell'Italia industriale.

Ritengo, in conclusione, che sia un diritto delle gente meridionale riappropriarsi di quel pezzo di storia patria che dopo il 1860 le fu strappato e un dovere del corpo insegnanti dello stato favorire un'analisi storica più oggettiva di quei fatti che tanto peso hanno avuto ed hanno ancora nello sviluppo sociale del Paese, anche attraverso una scelta dei testi scolastici più oculata ed imparziale.

La guerra fra il nord ed il sud d'Italia non si combatte più sui campi di battaglia del Volturno, del Garigliano, sugli spalti di Gaeta o nelle campagne infestate dai "briganti", ma non per questo è meno viva; continua ancora oggi sul terreno di una cultura storica retriva e bugiarda che, alimentando una visione del sud "geneticamente" arretrato, produce un'ulteriore frattura tra due "etnie" che non si sono amate mai.

Il dibattito ancora aperto e vivace sull'ipotesi di una Italia federalista, i toni accesi del Partito della Lega Nord, una certa avversione, subdola ma reale, tra la gente del nord e quella del sud, nonostante il "rimescolamento" dovuto all'emigrazione interna, testimoniano quanto queste problematiche, nate nel 1860, siano ancora attualissime.

Oggi l'unità dello stato, in un periodo dove il progresso passa attraverso enti politico-economici sopranazionali come la Comunità Europea, è certamente un valore da salvaguardare, ma al meridione è dovuta una politica ed una attenzione particolari, una politica legata ai suoi effettivi interessi, che valorizzi le sue enormi risorse e assecondi le sue vocazioni, a parziale indennizzo dei disastri e delle ingiustizie che l'unità vi ha apportato.

L'enorme numero di morti che costò l'annessione, i 23 milioni di emigrati dal meridione dell'ultimo secolo, che hanno sommamente contribuito, a costo di immani sforzi, alla realizzazione di un'Italia moderna e vivibile, meritano quel concreto riconoscimento e quel rispetto che per 140 anni lo Stato, attraverso una cultura storica mendace, gli ha negato e che oggi gli eredi della Nazione Napoletana reclamano.

di CARLO COPPOLA
"Controstoria dell'Unità d'Italia"
M.C.E. Editore

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